newsPorpora Marcasciano

“Mi piace pensare che quei tacchi scagliati da Sylvia o Marsha, simbolo e atto della liberazione, non si siano ancora posati e continuino a volare liberi nell’aere sulle teste di tutti quegli stronzi che vorrebbero toglierceli. La nostra storia non nasce nei salotti buoni, tantomeno al chiuso di sedi associative, ma nella strada, nelle baracche, nelle carceri, nei manicomi.”
Porpora Marcasciano

Nella sala Marple, uno degli spazi dedicati agli autori durante Book Pride, la fiera dell’editoria indipendente che si è svolta dal 23 al 25 Marzo alla Base Mudec di Milano, c’è un’altra miss, ugualmente bionda ma decisamente diversa dall’eroina dei romanzi di Agatha Christie.

Porpora MarcascianoPorpora Marcasciano  è qui per presentare il suo nuovo libro, “L’aurora delle trans cattive. Storie, sguardi e vissuti della mia generazione transgender”.
Porpora Marcasciano è presidente onoraria del MIT (Movimento Identità Transessuale, la prima associazione transessuale fondata in Italia nel 1979 con lo scopo di ottenere il riconoscimento del cambio di sesso, raggiunto con la legge 164, approvata il 14 aprile 1982) e figura storica del transfemminismo italiano.
Lo sguardo di Porpora è lo sguardo queer di chi, orgoglios* della propria sessualità dissidente, si ribella ai dettami della società. Lo sguardo di Porpora è quello delle “trans cattive”, di coloro che non rinnegano la propria storia e si scagliano contro la cosiddetta “transnormatività”, ovvero la ricerca iperbolica di assimilazione che passa, purtroppo troppo spesso, attraverso la negazione della propria identità storica.

“Per la maggior parte delle persone trans non passa più per l’anticamera del cervello di dirsi trans, donna trans, uomo trans, o qualsiasi altro aggettivo che richiami alla preziosa esperienza, quanto piuttosto c’è una smania ossessiva di liberarsene. Lo slogan molto citato ma molto poco percepito, “Un altro genere è possibile”, diventa nei fatti “Lo stesso genere è possibile”. L’ambizione alla normalità ci ha resi ciechi. C’è troppa smania, troppa fretta di prendere le distanze dal mondo delle brutte sporche e cattive, che ci ha fatti nascere, permettendo paradossalmente a tutte e a tutti di essere normali.”

Il sesso di Porpora Marcasciano è fortemente politicizzato, rivoluzionario e la sua è una vera e propria Scapigliatura transgender.
“Se il mio corpo era il calco del mondo, di riflesso esso diventava la mia impronta nell’universo”, scrive e dentro questo libro Porpora Marcasciano mette davvero ogni cosa, imprimendo ogni secondo della storia transessuale italiana perché nemmeno un frammento possa essere dimenticato.

Nel libro Porpora ci descrive i “non-luoghi” trans, gli spazi negati e proibiti dove il movimento è nato, popolati da favolose creature che, raccogliendo l’essenza stessa della transessualità, la rendevano collettiva. Collocate ai margini perché ritenute “degenerate e cattive”, splendevano di meravigliosa bellezza illegale e i loro corpi, la loro rabbia e la loro sessualità/sensualità diventavano atti di rivolta e autodeterminazione.
Porpora racconta il suo rapporto con Napoli, la città viva, partecipe e attiva delle Quattro Giornate e della “napoletanità” esasperata, nata come una sfida alla dominazione sabauda e fatta di soprannomi, cabale e linguaggi osceni. La Napoli di Porpora è la città dove il confine tra pubblico e privato non esiste perché la vita dentro i “bassi”, le piccole abitazioni di uno o due vani poste al piano terra dei vicoli partenopei, si vive pubblicamente, in comune sulla strada condivisa, brulicante di quella umanità viva e ricca di sentimenti narrata nelle commedie di Eduardo De Filippo. La Napoli di Porpora è anche la città dei “femminielli”, a cui vengono messi in braccio i bambini appena nati, perché considerate persone “porta fortuna” e integrate nel tessuto sociale.
Le parole di Porpora, tuttavia, non sono edulcorate, non si sono addolcite con gli anni.
Nella sua storia ci sono anche le retate della Buoncostume in Piazza dei Cinquecento a Roma, la durezza della “vita”, le trentacinque, quaranta tacche incise sui muri di Regina Coeli da Jessica o Samantha, la targa sulla porta della cella che riportava, durissima, il capo di imputazione del carcerato: “travestito”.

La sala è molto piccola, gremita di persone e fa un caldo che non si ragiona. Porpora Marcasciano dialoga con Lorenzo Bernini, ricercatore in Filosofia politica presso l’Università degli Studi di Verona, (dove coordina il centro di ricerca “Politesse – Politiche e teorie della sessualità” e fa parte del comitato scientifico di “AG – About Gender: Rivista internazionale di studi di genere“) e Lidia Cirillo, femminista, scrittrice ed esponente italiana per la Marcia Mondiale delle Donne. All’improvviso entra un addetto e ci dice che la conferenza è finita, che siamo in ritardo. Passare dai “non luoghi” trans, dalla loro narrazione avvincente, al “qui e ora” è davvero destabilizzante.

Dopo “Tra le rose e le viole. La storia e le storie di transessuali e travestiti” (Manifesto Libri, 2002), “AntoloGaia. Sesso, genere e cultura degli anni ’70” (Il dito e la luna, 2007) e “Favolose Narranti. Storie di transessuali” (Manifesto Libri, 2008), “L’aurora delle trans cattive. Storie, sguardi e vissuti della mia generazione transgender” (Alegre, 2018) ci stupisce di nuovo.
Con un’opera politica, di valore storico e sociale ma anche letterario e uno stile asciutto, ironico e sottile, Porpora non dimentica niente, nemmeno i momenti più drammatici di questa storia fondamentale che, da Bologna a Milano e da Roma a Napoli, tra clandestinità e lotte, ha sancito la nascita del MIT.
Oggi Porpora Marcasciano ci ha raccontato l’esistenza ardua ma rivendicata  degli “eschimesi in Amazzonia”, soggetti non conformi in un contesto che non li prevede e di tutt* coloro che, orgoglios* della propria diversità, hanno capito che essere “normali” talvolta coincide con l’essere “normati” e vogliono riprendersi il proprio spazio, per non essere soltanto l’ultima lettera dell’acronimo LGBT.

 

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