Fuori dall’armadio si sta meglio!

Ash Beckham molti anni fa lavorava in una tavola calda di una cittadina americana. Era nella sua fase di intensa militanza lesbica, e la affrontava radendosi i capelli, indossando larghi vestiti militari e parlando con slogan di attiviste omosessuali. Nulla poteva scalfire il suo idealismo, ma i capelli corti e l’apparenza da dura non la rendevano immune a tutto. Prendendo le ordinazioni, le capitava abbastanza spesso che qualche bambino (notoriamente fonte primaria di sincerità e schiettezza) le facesse la domanda che tanti pensavano ma nessuno pronunciava: “ma tu sei un maschio o una femmina?“.

Ash impugnava più forte la caraffa che teneva tra le mani e contraeva la mascella, mentre i genitori del pargolo fingevano rispettivamente imbarazzo e indifferenza. Così Ash capí che il silenzio le faceva più male delle parole, e decise di prepararsi per la volta successiva in cui la domanda le sarebbe stata posta. E così fece. Questa volta la domanda arrivò da una bambina di quattro anni indossante un vestitino rosa, a cui Ash diede una risposta semplice ma essenziale, a immagine di ciò che i bambini sono. “So che è un po’ disorientante il fatto che indosso vestiti da maschio e che anche i miei capelli sono corti come quelli di un maschio, ma sono una femmina. Probabilmente anche tu a volte preferisci indossare un vestitino rosa mente altre volte preferisci un pigiama comodo. Ecco, io sono più un tipo da pigiama comodo”. La bambina la guardò negli occhi e proseguì così: “Il mio pigiama preferito è viola con i pesci. Posso avere dei pancakes, per favore?”.

Ecco la sostanziale differenza tra un bambino e un adulto: un bambino accetta la realtà anche laddove non la comprende, e aggiunge il nuovo al proprio bagaglio, e questo non costituisce un problema, ma una ricchezza o una fonte di curiosità. Un adulto, invece, accetta la realtà solo se non si discosta troppo dalle proprie aspettative, altrimenti cerca di combatterla. Ash racconta questo episodio per trattare un argomento che non riguarda solo l’ambito omosessuale, ma tutti i contesti: uscire allo scoperto.

Non sono solo i gay ad avere dei segreti, ma qualsiasi essere umano. Chiunque nella vita si troverà a dire almeno una di queste cose: confessare a una persona che la amiamo, o che la abbiamo tradita, di essere gay, di essere incinta, o annunciare a un bambino il divorzio dei genitori. Sono tutti segreti intimi e che non possono essere classificati come più o meno difficili da confessare. Difficile non è relativo, è difficile e basta. Ognuno, nella propria vita, affronta personali battaglie che non sono paragonabili a quelle di nessun altro. Ognuno ha un personale campo di battaglia, personali truppe amiche o nemiche, una personale armatura e una grossa bomba tra le mani, che prima o dopo esploderà. Sta a noi decidere di farcela esplodere tra le dita o lanciarla prima che questo accada.

 

Nasconderci nell’ombra di un armadio non servirà a disinnestarla, ma solo a farci vivere in una oscurità che è un luogo nel quale nessun essere umano dovrebbe vivere. È come avere un grosso laccio emostatico legato a un braccio, che stringe sempre di più. Slegandolo dopo tanto, forse lo vedremo schizzare via senza controllo, ma è l’unico modo per non perdere il braccio (e anche questo evento desterebbe scalpore e attenzione, ne sono certa!) Uscire allo scoperto fa paura, ma va fatto se vogliamo essere vivi al cento per cento. E per essere vivi ci vuole più coraggio che a esserlo per metà. Sì, perché nel momento in cui noi siamo sinceri con gli altri, dobbiamo accettare che anche gli altri lo saranno con noi. E se noi ci mettiamo tanto tempo per capire e accettare il nostro segreto, dobbiamo concedere lo stesso tempo anche agli altri, senza pretendere che lo capiscano o lo accettino immediatamente.

Ash racconta le tre cose essenziali per svelare ogni segreto:

1. Sii autentico, sii te stesso, togli l’armatura.

2. Sii diretto, dillo e basta. Se sei sicuro di una cosa, dilla senza usare il condizionale, non lasciare l’altro attaccato a false speranze.

3. Non essere giustificativo, perché non hai nulla di cui scusarti. Stai raccontando la tua verità.

Puoi aver ferito qualcuno e per questo puoi scusarti, ma non scusarti mai per ciò che sei. Puoi aver deluso qualcuno, ma è un problema suo se non hai rispecchiato la sua aspettativa, poiché quella era la sua idea su chi sei, e non la tua. Quella è la sua storia, non la tua. L’unica storia che conta è quella che vuoi scrivere su te stesso. Ogni volta che usciamo allo scoperto, oltre a fare bene a noi stessi, lo facciamo anche a chi rimane nascosto dietro il proprio velo credendosi solo e attendendo il coraggio di uscirne. Noi possiamo essere quel coraggio, quell’esempio. In ogni battaglia ci sono dei feriti, è inevitabile. Ma anche dei vincitori. E spesso le due cose coincidono. La battaglia per essere autentici la combattiamo in primis con noi stessi. Una volta che ci accettiamo e amiamo, la battaglia sarà per tre quarti vinta. Gli altri saranno solo compagni di viaggio con cui condividere la nostra consapevolezza, il nostro bottino. Ma senza armatura e spada, senza maschere o vergogna. La parte più bella di noi sta sotto a tutto ciò, sarebbe un vero peccato nasconderla..

 

32 anni, infermiera. Amo viaggiare,scrivere e leggere. Adoro Stefano Benni e il cioccolato, e sul comodino ho sempre almeno uno dei due. Ho due pesci rossi: Cacio e Pepe. Vola solo chi osa farlo.

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